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Il VIRUS SARS-CoV-2

Si tratta di una variante della SARS il cui avvento scoperto in Cina, ad oggi, ufficialmente non è chiaro. Vediamo come agisce il virus SARS-CoV-2. Una singola particella (detta virione) del virus SARS-CoV-2 ha forma rotondeggiante e sulla sua superficie presenta delle “punte” che rendono il virus simile a una corona (da cui il nome Coronavirus). Sulle punte è presente la proteina Spike in grado di legarsi all’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2): un enzima coinvolto nella regolazione della pressione sanguigna e che si trova sulle cellule dell’epitelio polmonare dove difende i polmoni dai danni causati da infezioni e infiammazioni. Il virus, legandosi ad ACE2, entra nella cellula e impedisce all’enzima di compiere il proprio ruolo protettivo. La proteina Spike rappresenta dunque una “chiave” che permette l’accesso del virus alle cellule dell’organismo attraverso l’angiotensina 2 (ACE2), che funziona come una “serratura”. Una volta all’interno della cellula, il virus rilascia il proprio codice genetico virale (RNA) e costringe la cellula a produrre proteine virali che creano nuovi coronavirus: questi a loro volta si legano ad altre cellule portando avanti l’infezione.

GESTIONE DELL’AMMALATO IN TEMPI DI COVID19

Di seguito alcune regole per la sicurezza e la coesistenza di parenti, figli, caregivers in questa fase storica caratterizzata da una pandemia mondiale che è in grado di mettere a repentaglio la salute dell’ammalato. Sono regole già note ai più, ma che è bene sottolineare in caso si abbia in casa un ammalato con una patologia così aggressiva.

1) Per cominciare, chi entra nell’abitazione dell’ammalato, dovrà togliersi le scarpe, darle al proprietario di casa e farsi dare un paio di pantofolone. Le scarpe andranno messe in balcone a prendere aria.

2) Di seguito l’ospite, il figlio o chiunque arrivi dall’esterno, dovrà lavarsi accuratamente le mani, almeno per 30 secondi con gel su base alcolica o disinfettante, AMUCHINA è un esempio. È bene che il proprietario di casa ponga almeno un dispenser all’ingresso dell’abitazione ed uno nella camera dell’ammalato.



3) Se il caregiver, o chiunque arrivi dall’esterno, deve in qualche modo interagire fisicamente con il paziente è bene indossare una mascherina tipo FFP2 senza valvola ed un paio di guanti in lattice. 4) Se non vi è interazione fisica con il paziente è sufficiente tenere almeno 1 metro di distanza.



5) Ogni giorno è necessario areare bene la stanza dell’ammalato per almeno 15 o 20 minuti in sua assenza. Lo stesso vale anche per le altre stanze della casa.

6) A seguito di numerosi studi, si è scoperto che la vitamina D è in grado di immunizzare parzialmente il fisico da COVID19, sia per gli ammalati di GSS, sia per soggetti sani, offrendo una resistenza maggiore al contagio in una percentuale che è variabile da persona a persona. Possiamo affermare che l’assunzione giornaliera è peso corporeo correlata: per le persone con un peso corporeo fino a 70 kg sono sufficienti 2000 U.I. al giorno di vitamina D; al di sopra dei 70 kg è necessario un dosaggio pari a 4000 U.I. al giorno. Questo per un periodo di circa 60 giorni. Successivamente sarebbe opportuno interrompere il trattamento per 15 / 20 giorni. Essendo una vitamina che si accumula nel corpo (come la vitamina E) pertanto un periodo di stop può essere necessario, per poi ricominciare. Nel link sottostante trovate uno studio californiano molto esaustivo circa la correlazione tra vitamina D e COVID19.

Evidence that Vitamin D Supplementation Could Reduce Risk of Influenza and COVID- 19 Infections and Deaths

La vitamina D è facilmente reperibile sia nelle farmacie che su Amazon ad un prezzo abbastanza basso.



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CASI DI POSITIVITA’ AL COVID19 (FIGLI, CAREGIVERS ED AMMALATI: POSITIVI MA ASINTONOMATICI

Se un ammalato, un caregiver oppure il figlio di un ammalato, tramite tampone, dovesse risultare positivo, anche se asintomatico al Sars-Cov2 deve stare tassativamente in isolamento per 14 giorni. In questo caso, per via precauzionale, occorre che la persona stia nella sua stanza, lontano dall’ammalato e possibilmente per almeno 14 giorni mangi nella propria stanza ed assuma le seguenti specialità farmaceutiche che si sono rivelate molto efficaci contro il SARS-Cov2: per 14 giorni assumere 1 grammo di vitamina C di tipo retard: queste casule hanno uno spettro di azione che dura dalle 8 alle 12 ore, rinforzando il, sistema immunitario. Come abbiamo già detto è utile assumere ogni giorno vitamina D: diciamo che se la persona positiva ha un peso corporeo sotto i 70 kg, sono sufficienti 4000 U.I. di vitamina D, 2000U.I a pranzo e 2000 U.I a cena. Se la persona è sopra i 70 kg. allora è necessario assumere 4000 U.I di vitamina D a pranzo e 4000 U.I di vitamina D a cena. Inoltre, vi sono degli studi approfonditi in cui si dimostra che un antibiotico di tipo macrolide è particolarmente efficace per non fare esplodere il COVID19: stiamo parlando dell’Azitromicina, nota nelle farmacie con il nome di ZITROMAX 500 MG. È sufficiente una compressa al giorno per 6 giorni in quanto ogni singola pastiglia sta in circolo ed agisce per ben 68 ore. Nel link di colore blu potete scaricare il file in PDF con l’esperimento svolto con pazienti positivi trattati e non trattati. Macrolides and viral infections focus on azithromycin in COVID-19 pathology I risultati hanno dimostrato l’efficacia dell’Azitromicina.



VACCINI a mRNA e VACCINI A VETTORE VIRALE

I vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna sono vaccini a mRNA, mentre il vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) è un vaccino a vettore virale (così come il vaccino Janssen di Johnson & Johnson e il vaccino Sputnik V).

Come funziona il vaccino a mRNA?
Tutti i vaccini sono stati messi a punto per indurre una risposta che blocca la proteina Spike e impedisce così l’infezione delle cellule. I vaccini a mRNA (Pfizer-BioNTech e Moderna) contengono le molecole di RNA messaggero (mRNA) con al loro interno le indicazioni per costruire le proteine Spike del virus SARS-CoV-2. Nel vaccino, le molecole di mRNA sono inserite in una microscopica “bollicina” che protegge l’mRNA per evitare che deperisca in fretta (come solitamente accade) e che venga attaccato e distrutto dalle difese del sistema immunitario in quanto componente estraneo all’organismo, così che possa entrare nelle cellule. A seguito dell’iniezione del vaccino, l’mRNA viene assorbito nel citoplasma delle cellule e avvia la sintesi delle proteine Spike. La loro presenza stimola così la produzione di anticorpi specifici. Con il vaccino dunque, non si introduce nelle cellule di chi si vaccina il virus vero e proprio (e quindi il vaccino non può in alcun modo provocare COVID-19 nella persona vaccinata), ma solo l’informazione genetica fondamentale alla cellula per costruire copie della proteina Spike. La vaccinazione inoltre attiva anche le cellule T che preparano il sistema immunitario a rispondere a ulteriori esposizioni al virus SARS-CoV-2: se in futuro il vaccinato dovesse entrare in contatto con il virus, il suo sistema immunitario ne avrà memoria, lo riconoscerà e si attiverà per combatterlo, bloccando le proteine Spike e impedendone l’ingresso all’interno delle cellule. Una volta compiuta la propria missione, l’mRNA del vaccino si degrada naturalmente pochi giorni dopo la vaccinazione. Non c’è pertanto alcun rischio che entri nel nucleo delle cellule e ne modifichi il DNA.

Come funziona il vaccino a vettore virale?
Il vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) è un vaccino a vettore virale e si avvale dell’adenovirus degli scimpanzè (ChAdOx1 – Chimpanzee Adenovirus Oxford 1), un virus responsabile del raffreddore comune in questi animali. All’interno di una versione indebolita dell’adenovirus degli scimpanzè (incapace di replicarsi e innocua per l’organismo umano) viene inserito il materiale genetico della proteina Spike e attraverso l’adenovirus (che funge da vettore, da tramite) viene introdotto nelle cellule umane il materiale genetico della proteina Spike, quella che permette al virus SARS-CoV-2 di innescare l’infezione responsabile di COVID-19.
Il sistema immunitario si attiva così contro la proteina Spike e produce gli anticorpi: laddove l’individuo in futuro entrasse in contatto con il virus, gli anticorpi – allenatisi con la vaccinazione – saranno in grado di riconoscere il virus e bloccare l’infezione. Una volta somministrato, l’adenovirus modificato entra nel nucleo della cellula e fornisce il codice genetico per produrre la proteina Spike di SARS-CoV-2. Le cellule T del sistema immunitario riconoscono lo stimolo della proteina Spike e attivano la risposta immunitaria e la produzione di anticorpi specifici contro il virus. Con la vaccinazione vengono inoltre prodotte cellule dotate di memoria difensiva contro la proteina Spike: se la persona vaccinata in futuro dovesse entrare in contatto con il virus, il suo sistema immunitario ne avrà memoria, lo riconoscerà e si attiverà per combatterlo, impedendo alle proteine Spike l’ingresso all’interno delle cellule. Con il vaccino si introduce nelle cellule dell’organismo solo l’informazione genetica necessaria per costruire copie della proteina Spike. L’adenovirus non è in grado di replicarsi e dunque non può diffondersi nell’organismo dei vaccinati. Dopo la somministrazione l’informazione genetica si degrada e viene eliminata.

La somministrazione dei vaccini: tempi e modi
I tre vaccini vengono somministrati in due iniezioni, in genere nel muscolo della parte superiore del braccio. Per Pfizer-BioNTech devono passare almeno 21 giorni tra la prima e la seconda dose, mentre sono 28 i giorni di distanza tra la prima e la seconda dose per il vaccino Moderna. Le persone che sono state vaccinate con la prima dose di Vaxzevria (ex AstraZeneca) devono ricevere la seconda dose dello stesso vaccino idealmente nel corso della dodicesima settimana e comunque a una distanza di almeno dieci settimane dalla prima dose.

PERCHE’ È IMPORTANTE VACCINARSI?
Negli ultimi mesi si sono succedute una serie di informazioni contraddittorie sui vaccini per contrastare COVID-19 e sulla loro sicurezza, che hanno comportato una crescente diffidenza tra le persone.
È tuttavia di grande importanza, per riuscire a combattere a livello di comunità il virus SARS-CoV-2, che questi timori vengano superati sulla base di dati condivisi dalla comunità scientifica cosicché la popolazione possa aderire in tutta tranquillità alla campagna vaccinale, a partire dalle persone più anziane e dalle categorie fragili. Negli Stati Uniti, infatti, è stata dimostrata una protezione del 76% sugli individui vaccinati, che raggiunge l’80% in soggetti over 65, e ben il 100% di protezione contro le complicanze gravi che possono insorgere in chi sviluppa COVID-19.

Per quanto riguarda, invece, i timori correlati all’associazione tra somministrazione del vaccino e insorgenza di rare forme di trombosi, possiamo dire che i casi riscontrati sono estremamente rari. Il Regno Unito, infatti, ha vaccinato circa 20 milioni di persone, tra le quali si sono sviluppati circa 80 casi di trombosi (circa metà casi in chi ha assunto vaccini a piattaforma m-RNA e metà in chi ha assunto vaccini a piattaforma adenovirus). La stima per ora approssimativa è di 1 evento trombotico ogni 100.000 – 250.000 persone. È un rischio piuttosto basso rispetto al rischio di COVID-19. Per questi motivi e utile che ammalati e caregivers si sottopongano alla vaccinazione.

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